Sindrome WHIM: come un difetto genetico del sistema immunitario può alterare lo sviluppo cerebrale
Pubblicato su Neuron uno studio guidato da Humanitas che mostra come alcune immunodeficienze congenite influenzino direttamente lo sviluppo cerebellare e il comportamento, indipendentemente da infezioni o infiammazione.
Le immunodeficienze primitive (o Inborn Errors of Immunity, IEI) sono malattie genetiche rare che colpiscono il sistema immunitario. Alcune di queste condizioni croniche, come la sindrome WHIM, sono associate anche a disturbi neuro-comportamentali, spesso considerati conseguenze indirette delle infezioni ricorrenti a cui i pazienti vanno incontro sin dalla nascita. Uno studio appena pubblicato su Neuron ribalta però questa prospettiva: le alterazioni neurologiche potrebbero originarsi direttamente nella fase di sviluppo del cervello ed essere dovute alle stesse mutazioni genetiche che rendono disfunzionale il sistema immunitario.
A firmare lo studio un gruppo di ricercatori di Humanitas guidati da Simona Lodato, professoressa associata di Humanitas University e responsabile del Laboratorio del Neurosviluppo di IRCCS Istituto Clinico Humanitas. La ricerca – condotta anche grazie alla collaborazione di neuroscienziati, fisici e immunologi dei gruppi diretti da Michela Matteoli, Roberto Rusconi e Marinos Kallikourdis – è stata supportata dal prestigioso finanziamento ERC Starting vinto da Simona Lodato nel 2022, chiamato IMPACT.
Il ruolo del gene CXCR4
Gli scienziati hanno dimostrato, per ora in un modello sperimentale della malattia WHIM, che una mutazione del gene CXCR4, responsabile della sindrome, altera il normale sviluppo del cervelletto già in fase prenatale, provocando difetti nella struttura e nel comportamento, anche in assenza di segni di infiammazione.
«Le anomalie riguardano la formazione dei solchi cerebellari e sono associati a riduzione della coordinazione motoria e comportamenti ansiosi, in linea con quanto osservato in alcuni pazienti WHIM, seguiti presso Spedali Civili di Brescia dal team del nostro collaboratore clinico Prof. Badolato» spiega Giulia Demenego, prima autrice del lavoro, che ha portato avanti durante il suo dottorato in Humanitas University. «In particolare, nel nostro studio, mostriamo che l’iperattivazione di CXCR4 ostacola la migrazione e la maturazione di alcuni neuroni del cervelletto, alterando circuiti cruciali per il controllo del movimento e delle emozioni».
Un approccio terapeutico sperimentale
«I risultati dello studio dimostrano che geni coinvolti nelle immunodeficienze, come CXCR4, sono attivi anche nelle cellule nervose durante lo sviluppo del cervello, ed in particolar modo del cervelletto: una scoperta con importanti implicazioni per la comprensione e il trattamento dei sintomi neurologici in questi pazienti», afferma Simona Lodato.
Il gruppo ha anche testato una possibile strategia terapeutica: un trattamento precoce con un antagonista di CXCR4, somministrato durante le fasi dello sviluppo e localizzato nel cervello, è riuscito a prevenire i difetti strutturali e migliorare la sintomatologia. CXCR4 è già in uso per altri scopi clinici di natura prevalentemente immunitaria ed è in fase di studio clinico su pazienti WHIM adulti, quando però è tardi perché possa agire sullo sviluppo neuronale.
«Questi risultati suggeriscono che alcune manifestazioni neurologiche delle immunodeficienze congenite non siano solo una conseguenza delle infezioni ricorrenti, ma possano avere origini neurologiche dirette», conclude Lodato. «È un cambio di paradigma che invita a considerare con maggiore attenzione il ruolo del cervello nello studio e nella gestione di queste patologie».
Lo studio apre nuove prospettive per l’identificazione precoce e il trattamento mirato dei sintomi neurologici nelle immunodeficienze congenite, ma i ricercatori sottolineano la necessità di ulteriori studi clinici, soprattutto in età pediatrica, per tradurre questi risultati in ambito umano. La ricerca continuerà con il supporto di un recente finanziamento di Fondazione Telethon al gruppo Lodato.